Circuit Class Therapy: potenziare la mobilità nel paziente con ictus in un setting di gruppo

Una recente review pubblicata nel Database Cochrane, rileva una moderata evidenza rispetto l’efficacia della Circuit Class Therapy (CCT) nell’incrementare la mobilità del paziente colpito da ictus.

La Circuit Class Therapy è un modello di terapia motoria compito-specifica, dedicata al paziente con ictus ed eseguita in un setting di gruppo. La CCT si basa sulla ripetizione di esercizi motori articolati, progressivamente sempre più complessi e funzionalmente utili al recupero di attività e compiti propri dell’ambiente ecologico.

Questo modello implica una serie di postazioni di lavoro disposte lungo un circuito, tutte funzionali a diverse attività da poter  sperimentare con la supervisione di un terapista. Sebbene la CCT includa dell’attività aerobica, essa si distinguerebbe dall’attività motoria classica in quanto si focalizzerebbe su specifici training di allenamento adatti alla riabilitazione di pattern motori fruibili nel quotidiano.

Secondo la review, la CCT, oltre a dare la possibilità di incrementare la mobilità in termini indipendenza e di sicurezza, garantirebbe un maggior equilibrio e permetterebbe la riduzione dei tempi di recupero del cammino. Un secondo vantaggio sarebbe dato dalla combinazione della suddetta CCT alla fisioterapia classica: dal confronto tra l’approccio fisioterapico classico con  altri approcci di potenziamento e recupero motorio non emerge una maggiore efficienza del primo sugli altri, semmai, emerge che l’approccio fisioterapico incrementi la propria efficacia quando è integrato ad essi, soprattutto se si tratta di CCT. Ulteriori vantaggi della CCT risiedono nella possibilità di favorire l’interazione sociale, aspetto importante se si pensa che un terzo dei pazienti con ictus incorre nella depressione: l’attività di gruppo sarebbe un’occasione per apprendere dai pari nuove strategie di coping, percependo così un senso di benessere e di maggiore indipendenza. Altri vantaggi rilevati riguarderebbero la qualità dell’apprendimento motorio, in quanto la CCT permetterebbe una maggiore focalizzazione dell’attenzione verso l’esterno ossia verso il compito, soprattutto laddove l’esecuzione avvenga in maniera indipendente. Ciò ridurrebbe l’attenzione diretta verso l’interno ossia orientata alla singola parte del corpo che è coinvolta nel movimento, proprio come avverrebbe in una seduta fisioterapica classica.

Tra le conclusioni, le riflessioni offerte e le implicazioni nella pratica clinica, gli autori sottolineano come sia importante approfondire gli studi al fine di comprendere l’efficacia della CCT in diversi sottogruppi di pazienti, differenziati per gravità del danno, per età e per fase di intervento (acuta, post acuta e degli esiti). Gli autori constatano che sia necessario indagare quantitativamente il vantaggio dato dall’integrazione del metodo fisioterapico classico con il format CCT nel ridurre la permanenza dei pazienti in ospedale.